A colloquio con gli esperti del Team Press-oro la dottoressa Elena Barbaresi, cardiologa ed il Dr. Tommaso Lupattelli radiologo interventista e chirurgo vascolare.
Dottoressa Barbaresi è veramente così importante, già da giovani fare attenzione ai valori pressori?
Assolutamente si. E molto di più di quello che la gente comunemente pensa. L’ipertensione arteriosa è ad oggi il principale fattore di rischio cardiovascolare nel mondo.
E’ responsabile infatti di più di dieci milioni di decessi all’anno (cioè più del 10% di tutti i decessi).
Inoltre può condurre a diverse affezioni potenzialmente mortali come:
- l’ictus ischemico ed emorragico;
- l’infarto del miocardio;
- la morte improvvisa;
- lo scompenso cardiaco;
- la vasculopatia periferica;
- la fibrillazione atriale.
Allo stato attuale l’ipertensione arteriosa non viene diagnosticata in circa 50% dei pazienti con ipertensione. Se vogliamo un dato abbastanza preoccupante ma purtroppo, solamente un paziente ogni tre raggiunge gli obiettivi pressori corretti, indicati dalla linee guida internazionali.
Perché è difficile raggiungere il valore pressorio ottimale nell’ipertensione arteriosa?
Perché l’ipertensione è spesso resistente mentre a volte è scarsa l’ aderenza dei pazienti al trattamento.
Ipertensione resistente? cosa significa?
L’ipertensione resistente è definita come il non raggiungimento del target di pressione arteriosa nonostante trattamento con tre differenti classi di farmaci tra cui un diuretico, alla dose ottimale o meglio tollerata.
La sua prevalenza si attesta tra il 12% e il 18% circa nei pazienti che quindi presentano un maggior rischio di eventi cardiovascolari rispetto a pazienti con ipertensione arteriosa controllata.
Cosa significa invece scarsa aderenza?
E’ a causa principale del non raggiungimento di un buon controllo pressorio, con circa la metà dei soggetti ipertesi che sembrerebbe interrompere il trattamento farmacologico già entro il primo anno di cura.
La frequenza di somministrazione del farmaco, gli effetti collaterali e il beneficio a lungo termine che il paziente si aspetta dalla terapia rappresentano i fattori che più influiscono sulla scelta di interrompere la terapia farmacologica da parte del malato.
E’ pertanto cruciale individuare strategie innovative che possano affiancarsi o addirittura in certi casi anche sostituirsi alla terapia farmacologica per garantire un più facile raggiungimento dei valori pressori ottimali e quindi migliorare la prognosi, soprattutto nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare.
Oggi fortunatamente esiste una terapia innovativa per curare l’ipertensione arteriosa: si chiama denervazione renale. Ne parliamo con il Dr Tommaso Lupattelli grande esperto internazionale di metodiche mininvasive.
In cosa consiste questa nuova tecnica.
La denervazione renale, sicura ed efficace si basa sulla modificazione dell’ l’innervazione renale da parte del Sistema Nervoso Simpatico (SNS).
Normalmente i segnali provenienti dal SNS e diretti ai reni controllano il flusso sanguigno renale, la ritenzione dei sali e l’attivazione del sistema renina-angiotensina, favorendo così il miglioramenyo del meccanismo ormonale di regolazione della pressione.
A loro volta, i segnali provenienti dai reni e diretti al Sistema Nervoso Centrale attivano meccanismi di regolazione globali, ma possono anche causare una stimolazione eccessiva, che purtroppo si rende spesso responsabile dell’ ipertensione arteriosa.
In cosa consiste la denervazione renale
La tecnica non fa altro che disattivare in modo selettivo una parte delle terminazioni nervose che decorrono lungo le pareti esterne delle arterie renali, inducendo in questo modo una duratura riduzione della pressione arteriosa.
Si introduce all’inguine un sottilissimo catetere (grande meno della punta di una matita) che passando dall’arteria femorale raggiunge le due arterie renali; viene quindi erogata energia a radiofrequenza a bassa potenza dal catetere allo scopo di demodulare e terminazioni del’innervazione del sistema simpatico, senza ovviamente creare alcun danno alle arterie renali.
I primi studi clinici che avevano testato la procedura di denervazione renale per il trattamento dell’ipertensione resistente e non controllata dai farmaci avevano fornito risultati discordanti.
Tuttavia, studi clinici recenti , supportati dall’affinamento tecnico della procedura e da protocolli più rigidi di selezione dei soggetti, hanno fornito risultati estremamente promettenti in diversi sottogruppi di pazienti ipertesi, sia in aggiunta che in assenza della terapia con farmaci.
Tali risultati incoraggianti hanno portato ad ampliare il percorso selettivo dei candidati a denervazione renale includendo anche i pazienti “ipertesi resistenti” (i.e. pazienti che necessitano di almeno 4 diverse categorie di farmaci per mantenere una pressione arteriosa soddisfacente) e considerando nei criteri di selezione non solo i semplici valori pressori ma anche il profilo di rischio cardiovascolare globale, la tolleranza e aderenza alla terapia farmacologica e la preferenza del paziente stesso.
In quest’ottica la procedura di denervazione renale si offre quale unica strategia terapeutica con efficacia dimostrata in alternativa o in aggiunta alla terapia farmacologica.
Una vera rivoluzione nel campo della medicina.
per maggiori informazioni scrivere a: interventivisite@gmail.com
Dr.ssa Elena Barbaresi, cardiologa Dr. Tommaso Lupattelli radiologo interventista e chirurgo vascolare.
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