L’Embolizzazione del Fibroma Uterino

L’embolizzazione del Fibroma Uterino

Un'alternativa terapeutica alla chirurgia tradizionale valida e sicura.

L’embolizzazione del fibroma uterino o della fibromatosi, eseguita per la prima volta a metà degli anni 90, si sta sempre maggiormente affermando come valida e sicura alternativa terapeutica alla chirurgia, vista ormai la chiara evidenza della sua grande efficacia nel curare in maniera permanente e definitiva queste patologie. Differentemente da altre tecniche chirurgiche, l’embolizzazione consente di preservare l’utero in assenza di tutte quelle problematiche e potenziali complicanze correlate ai trattamenti convenzionali. Oltreoceano, in particolare negli USA, l’embolizzazione del fibromioma o della fibromatosi è considerata la metodica di scelta, ancor prima della rimozione chirurgica della patologia (definita in termini tecnici miomectomia).

In particolare, la fibromatosi uterina (consistendo in alcuni casi in un numero di fibromi superiore a 20) RISPONDE OTTIMAMENTE ALL’EMBOLIZZAZIONE. Questa tecnica, infatti, CONSENTE DI TRATTARE TUTTI I FIBROMI PRESENTI (e generalmente con un solo intervento di embolizzazione), COSA CHE LA CHIRURGIA NON RIESCE PURTROPPO NECESSARIAMENTE A FARE. È ben noto infatti che, attraverso la rimozione con il bisturi, il chirurgo tradizionale tenta di romuovere i fibromi più grandi e più facilmente enucleabili, mentre tende a lasciare in sede quelli più piccoli e più difficili da rimuovere.

Questo, purtroppo, comporta sovente il ripresentarsi della malattia perché in un tempo variabile (mediamente da 6 mesi a 2-3 anni) i fibromi residui tendono progressivamente a crescere, a volte anche molto velocemente. Per tutta questa serie di ragioni, la fibromatosi, dovrebbe, quando possibile, essere embolizzata piuttosto che trattata con il bisturi. Infatti, se eseguita correttamente, un solo intervento di embolizzazione è in grado di BLOCCARE e RIDURRE tutti i fibromi presenti nell’utero.

L’embolizzazione si esegue attraverso un forellino in una arteria inguinale dove si introduce un sottilissimo sondino di plastica di 1,6 mm (che viene poi veicolata fino al circolo arterioso dell’utero) è effetuata in anestesia locale o in casi selezionati in anestesia epidurale e permette una marcata e definitiva riduzione delle dimensioni del fibromioma in più del 97% delle donne con conseguente cessazione definitiva della sintomatologia correlata (senso di pesantezza, emorragie, dolore, incontinenza etc).

Il percorso

Le donne sono inizialmente visitate dal ginecologo (per un corretto inquadramento clinico allo scopo di poter escludere la presenza di altre patologie: in presenza di menometrorragie a valutarne esattamente l’entità e la durata. Il ginecologo dovrà valutare una serie di parametri ed in particolare la ferritinemia, la sideremia, l’emocromo oltre a richiedere un pap test ed una ecografia pelvica se non di recente esecuzione).

Successivamente l’anestesista provvederà a valutare la paziente per l’eventuale intervento ed infine sarà il radiologo interventista ad esaminare il caso in modo anche da poter illustrare pienamente e con dovizia di particolari la situazione alla paziente. Il radiologo dovrà inoltre, illustrare alla paziente tutte le specifiche tecniche del caso.

Verrà, infine, sottoposta alla paziente un’informativa con tutte le specifiche dell’intervento. Terminato il colloquio con tutti i componenti del Team, la paziente viene ammessa in clinica il giorno prima del trattamento per l’esecuzione degli esami ematici (emocromo, gruppo sanguigno, tempo di Quick, PTT, PT, tempo di emorragia, CPK, ed altro) e strumentali. Resterà poi senza assumere cibo dalla mezzanotte del giorno precedente per poi essere trasportata in sala angiografica la mattina successiva.

L’Embolizzazione: cosa è e come si svolge

Come ogni procedura di radiologia interventistica (drenaggi delle vie biliari, angioplastiche arteriose e venose, vertebroplastiche ecc) anche la procedura di embolizzazione del fibroma uterino viene eseguita mediante l’utilizzo della guida fluoroscopica (metodica di radiologia o imaging che si avvale dell’utilizzo in continua di un fascio di raggi X che penetrando il segmento corporeo interessato ne mostra in tempo reale e in modo assolutamente dettagliato l’anatomia ed i movimenti).

Specificatamente, il trattamento di embolizzazione del fibroma uterino consiste nel totale e permanente blocco dell’apporto ematico (o rifornimento sanguigno) dell’utero attraverso l’avanzamento di un piccolo catetere di plastica (in pratica un tubicino) che il radiologo inserisce, dopo una semplice e rapida anestesia locale, con una piccola puntura indolore (non viene eseguito alcun taglio con il bisturi) in un arteria localizzata all’inguine (specificatamente si tratta dell’arteria femorale).

Il piccolissimo tubicino o catetere con uno spessore di circa 1,5-2 mm (i cui movimenti sono costantemente monitorizzati dal radiologo interventista mediante uno schermo collegato all’apparecchio a raggi X) viene poi facilmente veicolato dall’arteria femorale in arteria uterina destra e successivamente in quella di sinistra. A questo punto, si iniettano delle particolari e specifiche particelle sferiche di piccolissime dimensioni (chiamate appunto materiale embolizzante) che ne comportano l’immediata e definitiva occlusione.

Il fibroma, in assenza del normale apporto di sangue, va rapidamente incontro ad una riduzione nelle dimensioni mentre l’utero mantiene la sua normale funzionalità nel tempo. L’intervento ha una durata che varia dai 20 ai 40 minuti, in relazione all’esperienza dell’operatore. È infatti estremamente importante sottolineare che un tempo di scopia (esposizione ai raggi X) limitato (appena qualche minuto) non comporta alcun tipo di danno biologico per la paziente risultando in una dose radiogena sovrapponibile ad un normale esame diagnostico dell’addome (RX diretta addome).

Il rischio di un infezione locale o generalizzata legato all’esecuzione della procedura ed il rischio di trasfusioni ematiche post intervento sono praticamente nulli.

Dopo la procedura il paziente rimane ricoverato 48 ore per il trattamento del dolore post operatorio che, sebbene può essere presente per circa 24 ore, è generalmente ben controllato dalla terapia farmacologica. Può presentarsi nei giorni successivi un leggero senso di affaticamento e un lieve aumento della temperatura corporea. In qualche caso possono verificarsi anche dei lievi sanguinamenti che tendono comunque a scomparire nei mesi successivi. Quando i fibromi hanno un diametro di 10-18 cm è possibile osservare una sintomatologia ritardata in 3°-5° giornata, caratterizzata da dolore pelvico-addominale associato a reazione peritoneale, nausea e febbre.

Tale sintomatologia persiste qualche giorno e assomiglia a una complicanza spontanea dei fibromi: la necrosi asettica.

La procedura, come già sottolineato, richiede una degenza di circa 48 ore con tempi di recupero che si aggirano intorno 3-5 giorni. La paziente sarà controllata entro 3 mesi dopo aver eseguito un eco-color-doppler. L’efficacia del trattamento è valutata con: anamnesi ed esame obiettivo, tesi a verificare l’evoluzione della sintomatologia emorragica e compressiva; emocromo, per monitorare l’anemia, eco-color-doppler o RM per seguire la riduzione del volume del fibroma e la scomparsa della rete vascolare peritumorale.

In alcune donne può comunque rendersi necessario un successivo intervento chirurgico (la paziente può non rispondere alla terapia, o rispondere solo parzialmente) ma in centri di comprovata esperienza, grazie anche ad un’attenta e scrupolosa selezione dei casi, ciò si verifica in meno del 1% delle pazienti. È tuttavia importante sottolineare che questa percentuale può salire notevolmente (10%-25%) nel caso vengano eseguite procedure di embolizzazione in pazienti trattati in centri con esperienza iniziale o limitata (esperienza dell’operatore inferiore a 400 casi di embolizzazione delle arterie uterine).

Infine è fondamentale sottolineare che l’intervento di embolizzazione non preclude in maniera più assoluta la fertilità. Sono infatti ormai molte le testimonianze di pazienti trattati con embolizzazione che riportano una o più gravidanze dopo l’intervento.

Una volta eseguito l’intervento, è strettamente necessario che il paziente si sottoponga a dei controlli periodici (Ecografia o Risonanza Magnetica) anche a sei mesi, un anno e due anni di distanza dalla procedura per valutare i risultati ottenuti ed escludere recidive potenziali o in atto.

L’efficacia sulle menometrorragie può anche essere immediata, mentre per apprezzare la riduzione volumetrica del fibroma uterino bisogna attendere 4-6 mesi: il processo inizia non prima di 2-3 settimane e prosegue per 8-12 mesi soprattutto per i fibromi di notevoli dimensioni.

In conclusione, ad oggi l’embolizzazione uterina è da considerarsi tecnica estremamente efficace e gravata da una percentuale di complicanze bassissime, praticamente nulle, se comparata con le altre tecniche per il trattamento del fibroma.

È infatti ormai universalmente riconosciuto che l’embolizzazione è tecnica ESTREMAMENTE SICURA che, in mani esperte, non richiede mai trasfusioni o successivi interventi chirurgici in urgenza e, inoltre, non compromette in alcun modo la fertilità. È tuttavia di fondamentale importanza sottolineare che la riuscita dell’intervento è strettamente correlata all’esperienza dell’operatore che la esegue.

Embolizzazione di Fibroma Uterino
Guarda l'intervento di Embolizzazione di Fibroma Uterino.
Embolizzazione di Fibroma Uterino
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Intervista al dott. Tommaso Lupattelli
Introduzione all'embolizzazione nel trattamento del fibroma uterino.
Intervista al dott. Tommaso Lupattelli
L'embolizzazione nel trattamento del fibroma uterino.

I risultati

Ad oggi, il numero delle pazienti embolizzate è costantemente in aumento. Secondo le più recenti casistiche la sintomatologia correlata al fibroma (incontinenza urinaria, menorragia, senso gravativo addomino- pelvico) scompare nel 83-98% delle pazienti trattate con embolizzazione.

Ad un anno dal trattamento di embolizzazione le dimensioni complessive dell’utero si riducono mediamente di almeno il 50%. In alcuni casi è possibile osservare la completa e definitiva regressione della massa tumorale. È tuttavia importante sottolineare che in alcune casistiche viene riportata dagli autori una risposta parziale al trattamento, una ricrescita dei fibromi trattati o la crescita di nuovi fibromi (6-9% dei casi). Questo tasso di recidiva di malattia è sensibilmente inferiore in centri di comprovata esperienza con tassi di recidiva limitati a qualche caso sporadico.

Il tasso di complicanze maggiori dopo embolizzazione è molto limitato, < al 1% in centri di provata esperienza. L’amenorrea temporanea o permanente rissulta essere pari a circa il 5% e il 2% rispettivamente, ed è complicanza maggiormente presente nelle pazienti di età superiore ai 50 anni mentre risulta essere estremamente rara in donne con età inferiore ai 35 anni (incidenza pari allo 0,03%).

Se poi vengono comparate le possibili complicanze dell’embolizzazione con quelle delle altre tecniche per il trattamento chirurgico (isterectomia, miomectomia per via laparoscopica o laparotomica) o mininvasivo del fibroma uterino, l’embolizzazione risulta in assoluto la tecnica gravata dalle minori complicanze sia in sede di intervento che nel post operatorio.

È opinione comune ormai che per il bassissimo tasso di invasività di questa tecnica che per l’alto successo tecnico (in assenza di vere complicanze), l’embolizzazione si appresti a diventare la prima opzione per il trattamento del fibroma e della fibromatosi uterina anche in Europa, come del resto sta ormai accadendo negli USA dove questa tecnica è ormai ampiamente diffusa.

Author & Year N° of patients Technical success Fibr. volume reduction Symptomatic improvement Hysterectomy
Ravina et al. 1997 88 89% 69% / 10%
Walker et al. 1999 200 98% 69% 79% 1%
Goodwin et al. 1999 60 81% 50% 80% 10%
Hutchins et al. 1999 305 96% 48% 92% 2%
Spies et al. 1999 61 91% 78% 89% 0
Pelage et al. 1999 80 95% 52% 90% 1%
Siskin et al. 2000 49 98% / 88,5% 2%
Anderse 2001 62 97% 68% 76% /
McLucas 2001 167 98% 37% 88% 3,5%
Spies et al. 2001 200 99% 38% <90%/td> /
Katsumori et al. 2002 60 98% 70% 97% /
Walker et al. 2002 400 99% 73% 73-90% 2,25%
Tranquart et al. 2002 58 96,5% 86% 87% /
Pron G et al. 2003 555 97%% / / /

I casi clinici

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Caso clinico n.1

Immagine di voluminoso fibroma prima e dopo embolizzazione. La freccia verde indica il fibroma, ampiamente ridotto già dopo soli tre mesi. NOTARE COME LA PARETE DELL’ UTERO DOPO EMBOLIZZAZIONE APPAIA NORMALMENTE VASCOLARIZZATA ( ASSUME UN COLORE BIANCO ALLA RISONANZA MAGNETICA CON MEZZO DI CONTRASTO CHE INDICA LA NORMALE VASCOLARIZZAZONE DELLA PARETE UTERINA) mentre il fibroma assume un colore grigiastro, segno che è stato COMPLETAMENTE DEVASCOLARIZZATO e continuerà a diminuire, fino, nei casi più favorevoli, a scomparire del tutto.

In questa paziente al controllo a tre mesi si osservava la completa scomparsa di tutti i sintomi. La paziente inoltre ha portato a termine una gravidanza a circa due anni dall’embolizzazione.

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Caso clinico n.2

COMPLETA ESPULSIONE DEL FIBROMA. Paziente giovane di 28 anni. Il fibroma coinvolgeva completamente l’utero rendendo molto difficoltoso un intervento di miomectomia (rimozione del fibroma) per via chirurgica. L’intervento inoltre, per le notevoli dimensioni del fibroma, poteva essere tentato solo per via laparotomica (quindi con un incisione in addome) e non attraverso laparoscopia. Inoltre la posizione del fibroma congiuntamente alle sue dimensioni (7 cm circa) poteva comportare il rischio di trasfusione ematica (la paziente presentava forti emorragie intramestruali con conseguente anemia) oltre che una grossa cicatrice in esiti di rimozione chirurgica del fibroma.

La cicatrice chirurgica, infatti, può rappresentare un grosso ostacolo ad una successiva gravidanza. Dopo tre mesi dall’embolizzazione, eseguita in anestesia locale, la paziente ha espulso completamente, ed in modo naturale, il suo fibroma, con evidenza di un utero totalmente sano e libero da ogni formazione miomatosa inficiante una possibile futura gravidanza. Ora può avere tranquillamente una o piu’ gravidanze.

Figura 1) immagine in alto. VOLUMINOSO FIBROMA DELINEATO DALLE FRECCIE GIALLE. Notare come sia visibile solo una limitata porzione dell’utero (il collo) delineato dalla FRECCIA BLU. Immagine in basso. COMPLETA ESPULSIONE DEL FIBROMA. L’UTERO DELINEATO DALLE FRECCIE BLU. L’UTERO APPARE COMPLETAMENTE NORMALE, E LIBERO DA OGNI PATOLOGIA invalidante. Il pallino blu delinea il miometrio (la parete dell utero) completamente sana.

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Caso clinico n.3A

Utero con due fibromi di cui il più caudale di dimensioni di 16 cm circa. La paziente era stata precedentemente trattata con terapia medica (Esmya) ma la terapia non aveva comportato benefici. Le era quindi stato proposto l’asportazione totale di utero e ovaie con taglio chirurgico in addome. Il fibroma maggiore appariva molto disomogeneo per evidenti fenomeni di iniziale riassorbimento al suo interno in relazione all’assunzione del farmaco. L’utero a causa dei fibromi era di dimensioni così aumentate che l’immagine RM qui riportata non riesce a comprenderne tutta l’estensione craniale (cioè verso l’alto). In conclusione si trattava di utero notevolmente aumentato per la presenza di due fibromi con estensione fin al di sopra della terz’ultima vertebra lombare.

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Caso clinico n.3B

COMPLETA SCOMPARSA del FIBROMA di 16 centimetri (espulso dopo 6 mesi) e marcata riduzione del fibroma minore. L’utero ora appare di dimensioni pressoché normali. La paziente presenta ora un ciclo regolare, normale in assenza dei copiosi sanguinamenti che aveva prima dell’embolizzazione. L’addome è tornato piatto, sono scomparsi completamente il senso di pesantezza ed i gonfiori addominali, il mal di schiena e la compressione sulla vescica. Dopo embolizzazione, in seconda giornata è partita per tornare a casa. Dopo una settimana dall’embolizzazione è già tornata a svolgere tutte le sue attività fisiche e professionali.

Il dott. Tommaso Lupattelli

Il medico di riferimento per l'embolizzazione del Fibroma Uterino.

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