Il Piede Diabetico

Il piede diabetico

Introduzione alla patologia del paziente diabetico con arteriopatia.

Il diabete mellito rappresenta la principale causa di amputazione degli arti inferiori costituendo uno dei maggiori costi assistenziali nei paesi industrializzati.

Tra le complicanze della malattia diabetica, le lesioni ischemiche del piede interessano circa il 4-5% dei diabetici e a seconda degli autori e delle popolazioni esaminate le amputazioni non traumatiche coinvolgono i pazienti diabetici in una percentuale variabile dal 30 al 70%, con un incidenza che varia del tra il 5 ed il 24/1000 diabetici/anno. I dati epidemiologici disponibili sulle amputazioni non traumatiche nei diabetici sono riferiti principalmente a casistiche americane o nord europee mentre pochi e frammentari sono i dati disponibili in Italia.

La variabilità dei dati di prevalenza e incidenza tra le varie casistiche esaminate riflette spesso differenze nei modelli assistenziali, nella classificazione delle lesioni, nella frequente mancata differenziazione tra amputazioni maggiori e minori. Il piede diabetico ha una patogenesi multifattoriale, legata alla presenza di neuropatia periferica ed autonomica, a vasculopatia degli arti inferiori ed infezioni ricorrenti; queste ultime rappresentano la maggiore causa di amputazioni degli arti inferiori in questi pazienti. Il piede diabetico, infatti, è una patologia ingravescente, poco conosciuta, spesso mal trattata e purtroppo in costante aumento.

Nel Documento Internazionale di Consenso e Line Guida nel Trattamento e Prevenzione del Piede Diabetico (International consensus and practical guidelines on the management and the prevention of thediabetic foot), il piede diabetico viene definito come “condizione di infezione, ulcerazione e/o distruzione di tessuti profondi, associate adanomalie neurologiche e a vari gradi di vasculopatia periferica degli arti inferiori (secondo criteri stabiliti dall’OMS )”. Per estendere la definizione a tutti quei diabetici che non presentano ulcere, ma corrono il rischio della loro comparsa, si può descrivere il piede diabetico come “piede con alterazioni anatomo-funzionali determinate dall’arteriopatia occlusiva periferica e/o dalla neuropatia diabetica”; per questo motivo si parla anche di “piede diabetico neuropatico” e di “piede diabetico ischemico o vasculopatico”.

È frequente la coesistenza clinica delle due forme. Tale patologia viene osservata sia nei pazienti con diabete mellito di tipo I, insulino-dipendente (IDDM), che in quelli con diabete mellito di tipo II, non insulino-dipendente (NIDDM ), almeno 10 o 15 anni dopo l’esordio della malattia.

A differenza del tipo I, il tipo II colpisce prevalentemente l’età adulta, in genere dopo i 40 anni, con un esordio così subdolo ed insidioso che spesso l’insorgenza delle complicanze può coincidere con la diagnosi della malattia stessa. Le stime dell’OMS prevedono un incremento della sua incidenza, dovuto all’azione combinata di tre fattori: aumento dell’aspettativa di vita, cambiamenti dello stile di vita e del regime alimentare, aumento dell’obesità. Si calcola che nel 2025 la popolazione affetta da diabete di tipo II clinicamente evidente sarà costituita da circa 300-350 milioni di soggetti.

IMPORTANZA DELLA RIVASCOLARIZZAZIONE

Il numero di interventi del distretto periferico per la rivascolarizzazione di una arto ischemico ha mostrato un forte incremento negli ultimi anni. I pazienti diabetici con ischemia critica dell’ arto inferiore presentano una maggiore localizzazione delle lesioni a livello sottopopliteo (ovvero sotto il ginocchio) rispetto ai non-diabetici oltre che lesioni anche a livello femoro-poplite (coscia e poplite).

Le tecniche di rivascolarizzazione chirurgica e l’angioplastica transluminale (PTA o in termini colloquiali” palloncino”) sono sempre più utilizzate in Italia e all’estero. Specificatamente, riguardo l’angioplastica, l’esecuzione di successo di questa tecnica in almeno un vaso di gamba garantisce quasi sempre il salvataggio dell’arto affetto, evitando quindi un amputazione sopra la caviglia.

Il fallimento clinico di un’angioplastica del distretto sotto al ginocchio non dipende necessariamente dal tipo di tecnica endovascolare utilizzata; sono infatti molteplici i fattori di tipo prettamente clinico responsabili di una eventuale mancata guarigione di un arto trattato con successo mediante rivascolarizzazione endovascolare.

È comunque fondamentale sottolineare l’estrema importanza di una tecnica di rivascolarizzazione chirurgica o endoluminale appropriata. In mani esperte il by pass femoro-distale e/o l’angioplastica del distretto arterioso degli arti inferiori ed in particolare del distretto infrapopliteo risulta in molti pazienti evento chiave per determinare l’ esito finale (amputazione o guarigione) a cui il paziente andrà incontro.

In questa ottica la buona esperienza dell’operatore associata alla capacità di rivascolarizzare in maniera efficace anche più di un vaso di gamba nello stesso arto può comportare un drastico aumento del successo clinico, particolarmente se al trattamento del segmento infrainguinale viene associata, quando necessaria, una rivascolarizzazione efficace dei vasi di gamba e del piede.

Una precisazione importante

Nel paziente diabetico le malattie del sistema cardio -vascolare colpiscono prevalentemente le arterie. Le arterie servono a veicolare il sangue dal cuore verso la periferia (quindi verso cervello, reni, milza, gambe, piedi ecc) e trasportano sangue ossigenato. Vanno nettamente distinte dalle vene che invece raccolgono il sangue dalla periferia (quindi dal cervello, reni, piedi ecc) dopo che questo ha depositato l’ossigeno e servono a riportare il sangue ai polmoni (per prendere ossigeno) e poi al cuore. Le vene quindi hanno un flusso che ha una direzione opposta al flusso nelle arterie.

Quando parliamo di vasculopatia diabetica ci riferiamo essenzialmente a patologie del letto arterioso e non di quello venoso. Le vene si ammalano molto meno nel paziente diabetico.

Ed è proprio la riapertura delle arterie malate da parte del radiologo interventista o del chirurgo vascolare che permette la guarigione del’arto e/o del piede.

Arteriopatia ostruttiva periferica

Nei pazienti diabetici le caratteristiche istologiche della arteriopatia ostruttiva periferica (AOP) non differiscono di molto rispetto a quelle dell’arteriopatia di non diabetici: placche di lipidi e altre sostanze possono nel tempo restringere progressivamente il lume del vaso fino a determinarne la completa occlusione. A volte poi, placche fibro lipidiche, ma soprattutto lipidiche (quindi composte in prevalenza da grasso) possono andare incontro ad una ulcerazione spontanea che comporta un richiamo immediato di piastrine e fattori della coagulazione nel tentativo di “risolvere” l’ulcerazione. Tuttavia il massivo richiamo di piastrine e fattori della coagulazione può comportare una vera e propria trombosi del vaso (ovvero la formazione di un grosso coagulo) con conseguente occlusione immediata dell’arteria e blocco completo del flusso di sangue a valle.

Le caratteristiche cliniche assumono connotazioni completamente differenti nei pazienti diabetici. In questa popolazione infatti, l’arteriopatia risulta più frequente e precoce (anche nelle donne), è rapidamente progressiva, colpisce ambodue i sessi ed entrambe gli arti inferiori.

È inoltre estremamente importante sottolineare che l’arteriopatia diabetica a differenza di quella non diabetica interessa nella maggioranza dei casi le arterie di gamba con in alcuni casi un evidente risparmio dei vasi di coscia e del piede. Non è tuttavia infrequente notare, soprattutto in pazienti con età inferiore ai 50 anni la presenza di una vascolarizzazione conservata o comunque sufficientemente conservata fino alla caviglia con tuttavia un importante coinvolgimento dei vasi al piede. Sfortunatamente, le arterie della gamba e del piede sono di calibro sensibilmente minore rispetto alle arterie della coscia e ciò, ai fini terapeutici, ha sicuramente rappresentato, nel passato decennio, un grosso problema.

È tuttavia importante sottolineare che nell’ultima decade si è osservato un netto e progressivo miglioramento delle dimensioni (molto più ridotte) come pure della qualità della strumentazione medica dedicata. Quest’ultima oggi, consente di raggiungere sempre più agevolmente ed in totale sicurezza anche i vasi più distali e di piccolo calibro. Si sono infatti osservati negli ultimi anni risultati sempre più incoraggianti dopo trattamento mininvasivo, in particolare con angioplastica, dei vasi affetti da arteriopatia diabetica sia a breve, a medio che a lungo termine.

Nel paziente diabetico le arterie presentano in un alta percentuale di casi importanti calcificazioni diffuse, in prevalenza all’ interno della parete. Il restringimento completo del vaso (occlusione) è evento molto spesso più comune che il semplice restringimento (stenosi); inoltre, occlusioni e stenosi sono spesso multiple lungo la medesima arteria. Una caratteristica tipica del diabetico è spesso la mancanza del sintomo più precoce dell’arteriopatia periferica: la “claudicatio”.

La claudicatio è il dolore che insorge al polpaccio o alla coscia dopo un certo numero di passi. Questo dolore dipende dal fatto che le arterie della gamba che ricevono meno sangue del necessario, perché stenotiche o occluse, non riescono ad aumentare il flusso sanguigno necessario durante lo sforzo del cammino.

Il numero si passi che possono essere percorsi dal paziente prima che si verifichi l’insorgenza del dolore è altamente variabile; può ridursi a poche unità o superare le centinaia, risultando strettamente legato alla gravità dell’arteriopatia.

L’assenza di claudicatio si verifica nel paziente diabetico per la concomitante presenza di neuropatia sensitiva: il dolore può risultare altamente attenuato o addirittura assente. L’assenza di una chiara e manifesta sintomatologia dolorosa durante la deambulazione comporta molto spesso il mancato riconoscimento da parte del paziente (ma a volte anche del suo medico) della presenza di un’arteriopatia all’arto inferiore. Questo inevitabilmente conduce alla mancanza di una pronta e precoce diagnosi di malattia, con il temibile rischio che il primo segno dell’ arteriopatia periferica sia la comparsa di un ulcera di difficile guarigione (ma spesso ingravescente) o nei casi più gravi di una gangrena.

Diagnosi dell’arteriopatia periferica in paziente con piede diabetico

A livello internazionale i criteri diagnostici di ischemia critica cronica sono stati più volte rielaborati in relazione alle nuove conoscenze ed ai nuovi studi.

I criteri più recenti sono quelli della TASC (TransAtlantic Inter-Society Consensus), pubblicata nel gennaio 2000, i cui criteri diagnostici corrispondono ampiamente ai quadri clinici che si ritrovano nella pratica clinica quotidiana.

Per la diagnosi si ricorrie all’utilizzo di più metodi in contemporanea.

Innanzitutto deve essere valutata la presenza dei polsi periferici. L’assenza del polso tibiale posteriore o pedidio impone il passaggio a metodi diagnostici più sofisticati.

Un metodo semplice è la determinazione della pressione a livello del malleolo: oggi esistono strumenti Doppler portatili molto pratici che facilitano l’uso di questo metodo.

Se il rapporto tra la pressione alla caviglia e la pressione al braccio o indice di Winsor è inferiore a 0.9 (valore normale compreso tra 0.9 e 1.3), è molto probabile che esista un’arteriopatia periferica tanto più grave quanto più è basso il rapporto pressorio.

In questo caso è necessario eseguire un Eco Color doppler che evidenzia la presenza di stenosi o occlusioni lungo tutto l’asse dell’arto inferiore.

Il parametro forse più importante è l’ossimetria transcutanea, che, in parole semplici, valuta la quantità di ossigeno che arriva al piede. In base al risultato di tutti questi esami viene presa la decisione se effettuare o meno un’arteriografia.

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Terapia nell’arteriopatia diabetica

La terapia delle affezioni vascolari del paziente con vasculopatia periferica (cioe con malattia delle arterie della gamba e del piede) è composta principalmente da tre presidi. Medico, cioè mediante somministrazione di farmaci per migliorare l’afflusso ai vasi (cioè alle arterie) dell’arto inferiore.

Di Radiologia interventistica cioè mediante la riapertura dall’interno delle arterie utilizzando piccoli palloncini (da dilatare nei vasi e poi rimuovere) o retine metalliche o stent (per aprire le arterie con forza e mantenerle pervie). La tecnica di radiologia interventistica (chiamata anche terapia endovascolare) non necessita di tagli ma viene eseguita inserendo il materiale (fili guida, cateteri ecc) da piccolissimi fori (da 2 a 3 mm) all’inguine o alla piega del gomito sotto una semplice anestesia locale.

Infine la tecnica chirurgica molto più invasiva e cruenta che necessità dell’uso del bisturi, ancora indispensabile in molti casi , ma sicuramente in progressiva riduzione per numero di indicazioni e numero di casi eseguiti.

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La galleria fotografica

Ricanalizzazione asse iliaco destro mediante PTA + Stenting

Questo caso mostra la presenza di occlusione completa a carico dell’arteria iliaca esterna e dell’arteria femorale comune a destra. Dopo ricanalizzazione per via controlaterale (mediante accesso retrogrado in arteria femorale comune sinistra) si evidenzia la completa riapertura dei segmenti occlusi con pieno ripristino del flusso a valle.

Ricanalizzazione arteria femorale mediante PTA + Stenting
Ricanalizzazione arteria femorale mediante PTA SUBINTIMALE
Ricanalizzazione con angioplastica di stent popliteo chiuso
Arterie tibiali
Arterie del piede

Il caso qui illustrato mette in evidenza la grande efficacia dell’ angioplastica (PTA) nella rivascolarizzazione delle arterie dell’arto inferiore. L’angioplastica infatti, se eseguita da mani esperte, può nella stragrande maggioranza dei casi favorire la scomparsa dei sintomi da ischemia (dolore a riposo) e, soprattutto, la guarigione del piede affetto da ulcere.

Attenzione: la sola rivascolarizzazione arteriosa mediante angioplastica può non essere sufficiente a garantire la guarigione dell’arto affetto da ulcere. In alcuni casi infatti può rendersi comunque necessario dopo l’angioplastica un trattamento chirurgico delle ulcere.
Resta però di estrema importanza il fatto che IN ASSENZA DI UNA EFFICACE RIVASCOLARIZZAZIONE DELLE ARTERIE DELL’ ARTO AFFETTO, QUALSIASI TRATTAMENTO MEDICO e/o CHIRURGICO PRESENTA UN’ALTA PERCENTUALE DI INSUCCESSO CON CONSEGUENTE AMPUTAZIONE DEL PIEDE O ANCHE DELL’ ARTO A BREVE.

UNA RIVASCOLARIZZAZIONE EFFICACE È ALLA BASE PER OTTENERE UNA PRONTA E DURATURA GUARIGIONE DEL PIEDE.

I video approfondimenti

L’arteriopatia periferica
Intervista alla dott.ssa Mariella Catalano.
Eco Color Doppler
Valutazione stato paziente mediante Eco Color Doppler.
Indice di Winsor
Calcolo indice di Winsor per valutazione stato paziente.

I medici di riferimento

Dottor Tommaso Lupattelli

SPECIALISTA IN RADIOLOGIA INTERVENTISTICA E CHIRURGIA VASCOLARE
Bologna - Catania - Milano - Roma

Il Dr. Tommaso Lupattelli si laurea nel 1999 in medicina e chirurgia con lode. Si specializza in Radiologia e Radiologia Interventistica e successivamente in Chirurgia Vascolare. Ha nel corso di questi anni sviluppato qualificate competenze nella rivascolarizzazione endovascolare di arto inferiore, carotide e vene giugulari ( CCSVI). Il Dr Tommaso Lupattelli ha inoltre sviluppato grande esperienza nell' embolizzazione. Esegue questa tecnica per fibroma uterino, adenomiosi, prostata, emorroidi, malformazioni vascolari, varicocele maschile e femminile, aneurisma, neoplasia benigna e maligna. Ha tenuto numerosi corsi di angioplastica ed embolizzazione in qualità di docente e proctor sulla rivascolarizzazione in Europa e all’estero. Ha al suo attivo la progettazione e realizzazione di alcuni materiali per angioplastica tuttora utilizzati in Europa, Asia ed America Centrale.